venerdì 15 aprile 2016

Che cos’è la pubblicità e come funziona, l'arte di convincere i consumatori.

Non so se ogni pubblicitario debba avere una sua definizione della pubblicità. Il fatto è che fui obbligato a improvvisare la mia in diretta, durante un’intervista in televisione. I miei neuroni lavorarono a gran velocità e dissi subito:


«La pubblicità è... l’arte di convincere i consumatori».

Come avrete indovinato, da quel giorno cominciai a usare questa frase e, con gli anni, l’ho sedimentata fino al punto di farne definitivamente “la mia definizione”.
Ho una particolare ostinazione sulla parola arte, perché in tutte le discipline di marketing c’è una formula magica basata su una certa proporzione fra scienza e arte.
Può darsi che fra tutte la pubblicità sia quella in cui la bilancia pende di più dalla parte dell’arte. Ma la scienza è lì e fa da contrappeso, come un alter ego indispensabile, per impedire che le fantasie artistiche portino il pubblicitario fra le nuvole e lo allontanino dalla realtà del mercato. Permettetemi di fare una confessione. Non sono geniale, e direi che ho la fortuna di non esserlo, perché quella che è stata, è e sarà la mia grande passione e professione, la pubblicità, non ha bisogno di geni.

lunedì 4 aprile 2016

Il più grande pubblicitario americano, dimenticato, non era un 'Mad Man'

Come pubblicitario è sempre stato riservato, non spaccone. Vomitava prima di presentare i suoi lavori ai clienti—non per il liquore, come quel dilettante di Don Draper, ma per la paura. La paura che il nuovo cliente non avrebbe avuto le palle di comprare le sue coraggiose pubblicità. Ma per lui, la pubblicità è sempre stata una sola cosa: un lavoro. Non è mai contato nient'altro.
Su Internet non si trovano molte informazioni su Tom McElligott. 
Non ha rilasciato molte interviste. Non ha una pagina su Wikipedia. E l'agenzia che ha fondato a Minneapolis, la Fallon McElligott Rice, ha avuto il periodo di maggiore notorietà negli anni pre-Internet, tra il 1981 e il 1988: proprio nel bel mezzo del fenomeno delle mega-fusioni in cui grandi agenzie di Madison Avenue ne inghiottivano altre—un fenomeno che ha distrutto per sempre gran parte della creatività e dello spirito dell'industria della pubblicità.

Tutti gli elementi di una pagina pubblicitaria di Riccardo Esposito.

Il mondo del web marketing è legato (e attratto) al mondo della pubblicità. D’altro canto, cos’è unalanding page se non un’evoluzione degli antichi manifesti ottocenteschi, figli diretti dell’antica reclamee della tradizione cartellonistica?


Non penserai mica che le headline ammiccanti e l’uso dei verbi imperativi nei call to action siano degli artifici nati in funzione del web, vero? Per questo credo che non ti farà male dare uno sguardo aglielementi che compongono il layout di una pagina pubblicitaria. Elementi testuali della pagina pubblicitaria
  • Headline -Sicuramente sai di cosa sto parlando. L’Headline è il titolo, la frase sintetica che apre la pagina pubblicitaria, quella stringa di testo che racchiude gran parte del significato. Generalmente si usa un font di grandi dimensioni, o comunque superiore a quello utilizzato nelle altre frasi della pagina. Ovviamente, se lavori su un progetto pubblicitario cartaceo, tutti i criteri di keyword che devi osservare se scrivi per il web cadono amabilmente;
  • Occhiello – Questo elemento viene concettualmente inserito prima dell’headline (ma spazialmente può essere collocato anche di lato o sotto) e può essere d’aiuto per eventuali headline troppo criptiche o che giocano su doppi sensi;
  • Sub-Headline – Più che introdurre il Body Copy, nella pagina pubblicitaria la Sub-Headline precisa e arricchisce i significati veicolati dall’headline con un enunciato meno striminzito del precedente;
  • Informazioni tecniche – Contiene informazioni che prescindono dal messaggio pubblicitario: informano i lettori della presenza di qualche evento o promozione particolarmente vantaggiosa. Viene collocato in alto a destra per dare meno fastidio possibile all’impaginato;
  • Body Copy -Generalmente scritto con un font più piccolo e con un linguaggio meno sintetico, per body copy si intende il testo vero e proprio della pagina pubblicitaria che snocciola il significato del titolo.  Se ti troverai a scrivere un body copy cartaceo scoprirai la vera libertà di espressione, totalmente svincolata da qualsiasi keyword density;
  • Caption – Eventuali didascalie che spiegano le immagini secondarie della pagina pubblicitaria;
  • Pay Off – Chiamata anche baseline o tagline, questa frase viene utilizzata per chiudere la pagina pubblicitaria e riassumere il senso intero del messaggio;
  • Logo– Dato che si tende a fare molta confusione sull’argomento, cito direttamente Wikipediail logo è la scritta che rappresenta un prodotto, un servizio o un produttore con un uso ben preciso di font, colori e forme. Il logo diventa logotipo quando unisce la parte scritta con un simbolo (il marchio).
  • Indirizzo – Gli indirizzi delle sedi aziendali, solitamente inseriti con caratteri molto piccoli e come ultimi elementi della pagina.
Elementi grafici della pagina pubblicitaria
  • Visual principale – È l’immagine che domina la pagina insieme all’headline. Alcune scuole di pubblicità tendono a mantenere accordo tra questi due elementi, altre giocano con il contrasto, ma bisogna fare sempre attenzione a non trasformare il titolo in semplice didascalia dell’immagine;
  • Visual secondari – Ulteriori foto esplicative, immagini e grafici spesso accompagnate da caption;
  • Il marchio – Si tratta di un simbolo che distingue, attraverso un disegno unico per colori e forme, i tratti una determinata persona o azienda, rendendo il referente immediatamente riconoscibile (pensa al “baffo” della Nike). Come accennato in precedenza, quando marchio e logo si uniscono nasce il logotipo, un elemento grafico-testuale costituito da una parola, da un acronimo o da una semplice lettera (ora pensa al “tondo” della BMW). Anche in questo caso colori e forme sono elementi molto importanti per la riconoscibilità del legittimo proprietario;
  • Splash – Elementi grafici che attirano l’attenzione ed evidenziano una parte della pagina;
  • Pack Shot -Un tipo di immagine secondaria, solitamente inserita in chiusura dell’annuncio, che raffigura il prodotto che si pubblicizza nella sua confezione o un suo particolare dettaglio. Particolarmente utile se nel visual primario e in quelli secondari non viene mai visualizzato l’oggetto che si sta pubblicizzando.


pagina pubblicitaria
Per stilare questa lista di elementi ho preso libero spunto dal testo di Marco Vecchia, Hapù. Manuale di tecnica della comunicazione pubblicitaria, 2003, Edizione Lupetti.

Clemente Moore l'inventore di Babbo Natale per la CocaCola

Haddon Sundblom autoritratto del 1931, Caricato da thecoca-colacompany.com, il creativo che creò Santa Claus.

I fan della Coke dovevano sapere che la loro bevanda era altrettanto buona in inverno come in piena estate. Quale miglior portavoce di un messaggio di questo tipo di Babbo Natale?
Sundblom ha effettivamente preso ispirazione dalla poesia di Clemente Moore. A partire dal 1931, e ogni anno per i prossimi 33 anni, Sundblom creato l'immagine di Santa che prevale oggi.



J. Howard Miller

J. Howard Miller (1918-2004) è stato un artista grafico americano. Dipinse manifesti durante la Seconda Guerra Mondiale a sostegno dello sforzo bellico, tra i quali il famoso "We Can Do It!" manifesto, spesso erroneamente identificato come "Rosie la Rivettatrice".
Miller ha studiato presso l'Art Institute di Pittsburgh, diplomandosi nel 1939. Ha vissuto a Pittsburgh durante la guerra.
Il suo lavoro è venuto a conoscenza della Società Westinghouse (in seguito, il Comitato di Produzione di Coordinamento Guerra Westinghouse), ed è stato assunto per creare una serie di poster.
I manifesti sono stati sponsorizzati da interno War Production Comitato di Coordinamento della società, una delle centinaia di comitati di gestione del lavoro organizzati sotto la supervisione del Consiglio guerra produzione nazionale.
Miller potrebbe aver basato il "We Can Do It!" poster su un United Press International foto (UPI) presa di Geraldine Doyle che lavora in una fabbrica. Al momento del rilascio del manifesto il nome di "Rosie" non è stato associato con l'immagine, che è venuto dopo il 1982, quando il manifesto è stato riscoperto negli US National Archives.


EMANULE PIRELLA, slogan 10 e lode.

Fondatore e presidente dell'agenzia pubblicitaria Lowe Pirella e della "Scuola di Emanuele Pirella", si è laureato a Bologna in Lettere Moderne. La sua vita professionale è equamente ripartita tra l'attività di pubblicitario e quella di autore di satira, in coppia col disegnatore Tullio Pericoli, e di giornalista. Nella pubblicità è autore di celebri campagne, quella per la banana Chiquita il cui slogan "Dieci e lode" è tra i più longevi della pubblicità italiana.
Come direttore creativo dell'agenzia Italia/BBDO, fondata nel 1971 con Michele Göttsche e Gianni Muccini, è autore di alcune delle campagne più note e aggressive degli anni settanta, dai Jeans Jesus al lancio del quotidiano La Repubblica, al tormentone di "Nuovo? No: lavato con Perlana!", a anche se lo slogan è frutto di lavoro di equipe, e secondo la testimonianza (Rai storia del 13 luglio 2013) di Annamaria Testa, tra i suoi migliori collaboratori, Pirella ne avallò lo slogan aggiungendovi "Passaparola".
Nel 1981 fonda, sempre con Michele Göttsche, la Pirella Göttsche (oggi Lowe Pirella), tra le cui numerose e celebri idee pubblicitarie si ricorda il pluricitato tormentone di "O così o Pomì"), il veterinario dell'Amaro Montenegro, quella di utilizzare il proprietario dell'azienda (Giovanni Rana) per pubblicizzare i suoi tortellini, ecc. La sua agenzia ha ricevuto numerosi "Leoni" al Festival di Cannes: di Bronzo nel 1997, d'Oro nel 1998, di Bronzo nel 1999, d'Argento nel 2000, ancora di Bronzo nel 2002. Come autore di satira, in collaborazione con Tullio Pericoli, ha lavorato per Linus, L'espresso, il Corriere della sera e La Repubblica, con la serie "Tutti da Fulvia sabato sera".
Per l'Espresso, ha curato la rubrica di critica televisiva vincendo nel 2000 il Premio Flaiano. È morto il 23 marzo 2010 all'età di 70 anni per una malattia.

MARK LUPUS, entusiasma con il suo stile stravagante.

MARK LUPUS, entusiasma con il suo stile stravagante.
Martis Lupus è uno dei grafic designer più interessanti del panorama attuale. Membro di lunga data di 99designs, il suo stile, molto lineare, è rivolto alla brand image e al packaging per le aziende di tutto il mondo.






Bruno Munari, uno dei massimi protagonisti dell'arte, del design e della grafica del XX secolo.

- (Milano, 24 ottobre 1907 – Milano, 30 settembre 1998) è stato un artista e designer italiano.
È stato "uno dei massimi protagonisti dell'arte, del design e della grafica del XX secolo", dando contributi fondamentali in diversi campi dell'espressione visiva (pittura, scultura, cinematografia, disegno industriale, grafica) e non visiva (scrittura, poesia, didattica) con una ricerca poliedrica sul tema del movimento, della luce e dello sviluppo della creatività e della fantasia nell'infanzia attraverso il gioco.
Bruno Munari è figura leonardesca tra le più importanti del novecento italiano. Assieme allo spaziale Lucio Fontana, Bruno Munari il perfettissimo domina la scena milanese degli anni cinquanta-sessanta; sono gli anni del boom economico in cui nasce la figura dell’artista operatore-visivo che diventa consulente aziendale e che contribuisce attivamente alla rinascita industriale italiana del dopoguerra.

BOB NOORDA, l'uomo che in rivoluzionò la pubblicità portando per la prima volta in Italia il concetto di Logo.


Dopo Paul Rand, Milton Glaser, Raymond Savignac, Federico Seneca, e Fortunato Depero è la volta di BOB NOORDA, l'uomo che in rivoluzionò la pubblicità portando per la prima volta in Italia il concetto di Logo.
Documentario del 2008 dedicato al celebre designer Bob Noorda e commissionato da Caffè Moak in occasione della presentazione del nuovo logo Moak creato dallo stesso Noorda.
Interviste a importanti personaggi dell'editoria, della cultura e del design milanese amici di Noorda.




Peretz Rosenbaum alias Paul Rand, storie di designer

Peretz Rosenbaum, noto come Paul Rand (New York, 16 agosto 1914 – Norwalk, 26 novembre 1996), è stato un designer statunitense.
È noto soprattutto per aver curato il redesign del logotipo della IBM (1962) e per aver progettato il marchio della Westinghouse (1962).
Conosce il mondo del design in giovane età disegnando insegne per la drogheria del padre e locandine per eventi scolastici. Frequenta la Harren High School di Manhattan e i corsi serali del Pratt Institute di New York. Rand rimane comunque principalmente un autodidatta e si ispira ai lavori di Cassandre e di Moholy-Nagy e a riviste europee come Gebrauchsgraphik. La sua carriera di grafico comincia con lavori tra i più vari, da cataloghi per rivenditori alla piccola pubblicità per giornali e riviste. In qualche anno il suo portfolio si amplia notevolmente ed è largamente influenzato dallo stile pubblicitario tedesco Sachplakat e dai lavori di Gustav Jensen. In questi anni decide di celare il proprio nome, palesemente ebreo, dietro lo pseudonimo di Paul Rand.

Valfrutta la natura di prima Gaf

Valfrutta la Natura di Prima Gaf? O semplicemente tentativo, magari goffo, di ribadire la territorialità dei loro prodotti? 


ASUS COMPANY, Storie di Brand

Facebook mi ricorda che 3 anni esatti fà scrissi una delle mie prime storie di brand su ASUS, forse per la contentezza di aver comprato il notebook con questo brand, strano ma non lo ricordavo. Grazie Mark.
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LA BRAND EVOLUTION DI IBM.

Lo Storytelling è già fuori moda


Il km zero alla milanese da Eat Italy. Il nostro pesce ha fatto 5 metri di strada per arrivare da noi. Per arrivare a Milano?

La Marca che ascolta. La pubblicità deve imparare ad ascoltare ancor prima di parlare.


Pubblicitari, Leopoldo Metlicovitz

Leopoldo Metlicovitz (Trieste, 17 luglio 1868 – Ponte Lambro, 19 ottobre 1944) è stato un pittore, illustratore, scenografo teatrale e pubblicitario italiano, esponente del Liberty.
È considerato, assieme a Leonetto Cappiello, Adolf Hohenstein, Giovanni Maria Mataloni e Marcello Dudovich uno dei padri del moderno cartellonismo italiano.

STORIE DI BRAND - IL SIGNIFICATO DEL LOGO DI AMAZON.


Il logo di Amazon sembra abbastanza semplice a prima vista. Ma cosa rappresenta la freccia? Fondamentalmente, ha due significati. Rappresenta i clienti, che dovrebbero avere un sorriso sui loro volti dopo la grande esperienza con Amazon.
Ma la posizione della linea gialla forma una linea che parte dalla prima “a” e si estende verso la “z”. Questo significa la diversità dei prodotti offerti da Amazon, appunto “dalla a alla z”. Ma si fa anche riferimento alla diversità che contraddistingue la foresta amazzonica stessa. Una curiosità: la freccia è leggermente diversa da quella presente nel logo originale. Questo perché si dice che assomigliasse troppo ad una forma fallica!

STORIE DI BRAND - IL LOGO MC DONALD.

Gli Archi Dorati McDonald’s Sono….Seni Materni!
Si potrebbe pensare che il logo McDonald’s altro non sia che una rappresentazione della prima lettera del nome della società. Sì, tecnicamente lo è: ma c’è di più! Per alcuni, la “M” arrotondata rappresenta inconsciamente il seno di una madre! Nel 1960, McDonald voleva cambiare il logo aziendale. Ma Louis Cheskin, uno psicologo (ma anche un designer!) esortò McDonald a mantenere il logo attuale, sostenendo che gli archi dorati avevano un effetto “freudiano” che faceva immaginare ai clienti che fossero un paio di seni materni e nutrienti, che poi li rendeva più affamati! Alcuni trovano difficile credere a questa associazione, ma una cosa è certa: da oggi, non potrete più guardare il logo McDonald’s allo stesso modo.

I fratelli Richard e Maurice McDonald aprirono il primo McDonald nel 1940 a San Bernardino, in California. Era originariamente un ristorante-barbecue dove venivano serviti anche degli hamburger. Un curiosità: le patatine fritte non erano sul menu! Nel 1948 i due fratelli perfezionarono l’arte del fast food con un processo che chiamarono “Speedee Service System“. Il servizio barbecue fu escluso dal menu per migliorare il tempo di servizio: subito dopo gli stessi McDonald crearono questo logo dove era presente uno chef ammiccante (chiamato Speedee) per aiutare a comunicare il messaggio.