Non so se ogni pubblicitario debba avere una sua definizione della pubblicità. Il fatto è che fui obbligato a improvvisare la mia in diretta, durante un’intervista in televisione. I miei neuroni lavorarono a gran velocità e dissi subito:
«La pubblicità è... l’arte di convincere i consumatori».
Come avrete indovinato, da quel giorno cominciai a usare
questa frase e, con gli anni, l’ho sedimentata fino al punto di farne
definitivamente “la mia definizione”.
Ho una particolare ostinazione sulla parola arte, perché in
tutte le discipline di marketing c’è una formula magica basata su una certa
proporzione fra scienza e arte.
Può darsi che fra tutte la pubblicità sia quella in cui la
bilancia pende di più dalla parte dell’arte. Ma la scienza è lì e fa da
contrappeso, come un alter ego indispensabile, per impedire che le fantasie
artistiche portino il pubblicitario fra le nuvole e lo allontanino dalla realtà
del mercato. Permettetemi di fare una confessione. Non sono geniale, e direi
che ho la fortuna di non esserlo, perché quella che è stata, è e sarà la mia
grande passione e professione, la pubblicità, non ha bisogno di geni.
Come avrete indovinato, da quel giorno cominciai a usare
questa frase e, con gli anni, l’ho sedimentata fino al punto di farne
definitivamente “la mia definizione”.
Ho una particolare ostinazione sulla parola arte, perché in
tutte le discipline di marketing c’è una formula magica basata su una certa
proporzione fra scienza e arte.
Può darsi che fra tutte la pubblicità sia quella in cui la
bilancia pende di più dalla parte dell’arte. Ma la scienza è lì e fa da
contrappeso, come un alter ego indispensabile, per impedire che le fantasie
artistiche portino il pubblicitario fra le nuvole e lo allontanino dalla realtà
del mercato. Permettetemi di fare una confessione. Non sono geniale, e direi
che ho la fortuna di non esserlo, perché quella che è stata, è e sarà la mia
grande passione e professione, la pubblicità, non ha bisogno di geni.